[SC@FFALE] “Cinema muto italiano. Le imprese di produzione, Vol. I”, Aldo Bernardini

art1Qui di seguito pubblichiamo, con il consenso dell’autore che ringraziamo, le note di Bernardini in occasione della presentazione del libro, il 2 luglio 2013, presso il Cinema Ritovato di Bologna.

Ci pare pare il modo migliore per inaugurare i lavori di Imm@gine.
La redazione

“I tre volumi che compongono quest’opera hanno per oggetto la storia e l’analisi delle strutture industriali e commerciali che hanno sostenuto la produzione cinematografica al tempo del muto. Particolare attenzione vi è rivolta agli aspetti legali e finanziari che hanno caratterizzato la fondazione delle varie marche, individuandone i promotori, gli azionisti oltre che i componenti del personale tecnico e artistico, ricostruendo l’evoluzione delle formule societarie, commentando i resoconti e i bilanci presentati nei consigli di amministrazione, verificando le tappe dell’eventuale conquista dei mercati esteri, ecc. Si accenna naturalmente anche ad altri aspetti pertinenti al fenomeno cinematografico, ci si occupa, per esempio, anche dei film realizzati: ma più per analizzare in termini quantitativi i generi più frequentati e gli autori maggiormente attivi piuttosto che per segnalare gli esiti più interessanti sul piano delle qualità artigianali e artistiche. Ero partito dalla convinzione che una ricerca sistematica su questi aspetti industriali e commerciali, spesso trascurati dalla storiografia sul cinema, costituisse un capitolo importante, ricco di spunti di novità, della mia esplorazione del cinema muto italiano.
Il progetto di questo lavoro era stato da me programmato già alla fine degli anni Settanta, quando avevo ormai terminato la ricerca sistematica sulle fonti d’epoca in vista della stesura dei primi tre volumi editi da Laterza, con i quali all’inizio degli anni Ottanta avevo inaugurato il ciclo delle mie pubblicazioni sul cinema muto italiano. La preparazione di quest’ultima sezione della ricerca fu piuttosto lunga e laboriosa. Inizialmente misi a punto delle schede da ordinare alfabeticamente per impresa di produzione: schede tutte impostate secondo lo stesso schema per capitoli, comprendenti anche informazioni dettagliate sul personale di volta in volta utilizzato, in entrata e in uscita, da ogni Casa. Prevedevo allora di limitare la ricerca al periodo di cui mi ero occupato sistematicamente anche per la ricostruzione filmografica (dalle origini alla vigilia dello scoppio della Grande Guerra). Poi mi resi conto della necessità di estendere il panorama anche agli anni successivi, fino alla conclusione del l’epoca muta del cinema (la fine degli anni Venti). La scelta mi comportò naturalmente ulteriori ricerche, che non potevano però più avere la completezza e l’esaustitività di quelle effettuate per il periodo precedente; ma le ho ritenute sufficienti a offrire un quadro abbastanza completo delle iniziative produttive industrialmente più rilevanti che all’epoca caratterizzarono il cinema italiano, a livello nazionale e regionale.
In corso d’opera ci furono dei cambiamenti e degli sviluppi nell’impostazione del lavoro anche per altri aspetti. Ad un certo punto, l’ampiezza dei testi elaborati mi consigliò, pur mantenendo l’identità dello schema di ciascuna scheda, suddivisa in capitoli tra loro comparabili, una ripartizione della ricerca per zone territoriali (Italia del Nord, Italia del Centro-Sud). Questa soluzione mi avrebbe peraltro facilitato il compito di delineare il panorama industriale e commerciale (l’avvio e lo sviluppo contemporaneo dell’esercizio e del commercio del cinema), caratteristico di ogni regione, dal quale all’epoca avevano preso le mosse le iniziative produttive; avrei poi raccolto in un volume dedicato (il terzo) i profili bio-filmografici dei cineasti, di cui potevo più agevolmente ricostruire la carriera (filtrandoli anche attraverso le citazioni da fonti d’epoca), alleggerendo così il peso dei riferimenti all’avvicendarsi del personale tra le varie Case nell’ambito delle schede dedicate alle singole imprese. L’impianto regionale mi pareva che avrebbe anche potuto facilitare l’interessamento al progetto da parte di enti locali, regionali e provinciali, in grado di assicurare un minimo di finanziamenti alla pubblicazione di ciascun volume: per cui per esempio la regione Piemonte avrebbe potuto avere voglia di occuparsi del volume dedicato alle regioni del Nord, mentre del volume sul Centro-Sud avrebbe potuto farsi carico un Ministero governativo o la Regione Lazio. Ma queste mie erano speranze destinate a restare nel limbo delle buone intenzioni.
I saggi che raccoglievano i risultati di questa lunga e laboriosa ricerca erano ormai completi già nei primi mesi del 2000, quando, dopo aver felicemente concluso con il collega Vittorio Martinelli la ricostruzione e la pubblicazione della filmografia dei film di finzione, mi dedicai per qualche tempo a realizzare alcuni volumi dedicati ad altri aspetti ancora inesplorati della produzione cinematografica italiana (dall’attività degli ambulanti alla filmografia dei documentari “dal vero” realizzati dai cineasti di casa nostra e da quelli arrivati in Italia dall’estero) pubblicati grazie al prezioso sostegno della Cineteca del Friuli e delle Giornate di Pordenone. Ma intanto avevo anche cominciato ad avviare contatti, per via epistolare e per e-mail, per verificare in che misura ci fossero istituzioni ed editori interessati alla pubblicazione anche di questi capitoli conclusivi della mia ricerca dedicati alle imprese. Trattandosi anche in questo caso di un lavoro di base scentificamente impostato e rigoroso, privo di quei risvolti aneddottici e giornalistici che di solito rendevano (e rendono) divertenti e appetibili certi contributi sul “vecchio cinema” anche per lettori non specialisti, ero legittimato a pensare che se ne sarebbero fatte carico istituzioni (università, cineteche, enti orientati al recupero e alla salvaguardia del patrimonio artistico nazionale) sostenute da finanziamenti dello Stato: così come del resto era avvenuto quando negli anni Ottanta l’Anica aveva ottenuto fondi pubblici per la costruzione del grande database dedicato all’Archivio del cinema italiano, da me ideato e diretto per quindici anni. Ma i tempi erano naturalmente cambiati: e il progetto di pubblicazione che andavo segnalando a enti pubblici e privati (dal Centro Sperimentale di Cinematografia a Cinecittà, dall’Anica alle associazioni di categoria degli autori), oltre che a singoli editori già impegnati con pubblicazioni sul cinema, nella maggior parte dei casi non solo non risultava interessante, ma non meritava nemmeno una risposta, un diniego motivato. La responsabilità di questo muro di silenzio era naturalmente (almeno in parte) anche mia: per mantenere la mia indipendenza, per proseguire i miei lavori avevo sempre confidato sui significativi risultati raggiunti grazie alla serietà del mio impegno culturale e scientifico, che aveva ottenuto riconoscimenti anche importanti; ritenevo che questi ultimi bastassero a garantirmi uno spazio in cui operare. Ma questa volta dovevo rendermi conto che, nonostante il mio curriculum, risultavo un signor Nessuno e gli interlocutori ai quali di volta in volta mi rivolgevo si ritenevano evidentemente legittimati a ignorarmi.
Dopo aver reiterato nel corso dei primi anni del 2000 i tentativi di trovare un aggancio e uno sbocco editoriale, nel 2011 decisi di investire personalmente tempo e lavoro per produrre in proprio e realizzare, assistito da un grafico, una edizione del primo volume su CD. Dopo alcuni mesi, misi quindi in rete su Facebook la copertina di un volume di 450 pagine, corredato da 180 illustrazioni in bianco e nero e a colori; e grazie a questa iniziativa la situazione si sbloccò: nel senso che scopersi tra i miei “amici” Reto Kromer, imprenditore svizzero che conosceva e apprezzava il mio lavoro e che mi offriva di assumersi le spese per la stampa del primo volume. Il successivo appoggio di due istituzioni importanti e autorevoli come il Museo del Cinema di Torino e la Cineteca di Bologna e il coinvolgimento di una editrice torinese ben sperimentata come la Kaplan consentirono al progetto di andare in porto. L’esito positivo di questa singolare e fortunosa operazione editoriale è stato raggiunto grazie all’impegno e alla stima nei miei confronti di varie persone e ad alcune rinunce: dalla riduzione del numero delle pagine dedicate alle appendici alla scomparsa delle 28 illustrazioni a colori già utilizzate nella versione CD. Questo primo volume costituisce un primo importante passo, una dimostrazione di un nuovo percorso di ricerca che certamente approfitta anche di significativi apporti venuti anche su questi temi, negli ultimi anni, da altri giovani e meno giovani ricercatori (penso, per esempio, alle pubblicazioni di Riccardo Redi sulla Cines, a quelle dei colleghi siciliani che si sono occupati delle prime attività produttive nell’isola e soprattutto al folto, agguerrito gruppo di studiosi piemontesi, che hanno a lungo lavorato, con tesi di laurea e collane di libri, sulle imprese torinesi), ma che spero possa stimolare ulteriori approfondimenti.
Tuttavia il silenzio che per ben sette mesi ha circondato questa pubblicazione (a quanto mi risulta, fino a oggi sulla stampa, anche in quella specializzata, non è uscita nemmeno una recensione) e il fatto che tuttora manchino iniziative e contatti che mi possano rassicurare sulla possibilità di far seguire al primo gli altri due volumi di questa trilogia, già pronti da anni, risultano, ai miei occhi, come segnali inquietanti”.

Aldo Bernardini
Bologna, luglio 2013

Per saperne di più:
Aldo Bernardini, “Cinema muto italiano. Le imprese di produzione, vol I (Il Centro-Sud)”, Torino, Kaplan, 2012, 350 pp.
Collegamento al sito dell’Editore Kaplan
Collegamento al sito personale di Aldo Bernardini

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